Genova, Palazzo Ducale
Metamorfosi del mito
Pittura barocca tra Napoli, Genova e Venezia
22 marzo - 6 luglio 2003

Jacopo Amigoni
Giove e Callisto
1730 ca, olio su tela, 62x76 cm 
San Pietroburgo, Museo di Stato Ermitage

“La mia mente mi sprona a cantare forme di corpi che si mutano in corpi nuovi. O Dèi, date favorevole corso alla mia impresa – voi infatti operaste anche quei mutamenti –; e dall’origine prima del mondo guidate l’arco del mio epico canto”.

(Ovidio, Metamorfosi I, 1-5)

Agl’inizi del Seicento si sviluppò in tutta Europa un rinnovato interesse nei confronti delle tematiche mitologiche; un interesse dovuto non solo alla riscoperta delle Metamorfosi di Ovidio, ma anche a un clima culturale soffocato un po’ ovunque da conflitti ideologici. Il mito, dunque, costituiva uno sfogo alla creatività e al tempo stesso, tramite l’accentuazione dei contenuti allegorici, poteva essere uno strumento critico nei confronti delle fazioni politiche e religiose che si contendevano il potere anche con i mezzi della propaganda. Ovviamente non tutti gli artisti si prestarono a operazioni che non fossero di pura rivisitazione del testo ovidiano. 

Ad ogni modo la mostra allestita a Genova non si propone di analizzare queste controverse tematiche ma, piuttosto, di esaminare l’esteriorità del fenomeno, costituita dai dati pittorici. Anzitutto, la mostra è stata divisa in quattro “fili conduttori”: il momento della trasformazione, le punizioni, la dimensione solare, gli amori. All’interno di questi temi, i curatori hanno rivolto l’analisi ai dipinti di ambito mediterraneo (napoletano, genovese e veneto), sottolineando i termini del passaggio dalla produzione pittorica seicentesca a quella settecentesca. 
Prendendo le mosse da un significativo gruppo di opere relative alle tre aree considerate, è stato possibile valutarne l’apporto innovativo sul piano iconografico, sia attraverso un confronto con i prodotti artistici delle aree affini, sia in considerazione del passaggio di taluni artisti in regioni diverse da quelle d’origine. 

La produzione veneta si concentra su Giulio Carpioni, Pietro Liberi, Sebastiano Mazzoni, Giambattista Langetti, Pietro Negri, Francesco Maffei, Andrea Celesti, Antonio Carneo, Federico Cervelli, Antonio Bellucci, Sebastiano Ricci, Giovanni Antonio Pellegrini, Nicolò Bambini, Jacopo Amigoni e Giambattista Piazzetta. Tra costoro si può cogliere il ricordo della tradizione cinquecentesca, da Tiziano a Tintoretto, e il passaggio dalla pittura dei “tenebrosi” a quella dei “chiaristi”
.

Gregorio de Ferrari
Pan e Siringa
1715-20 ca, olio su tela, 250x380 cm
Milano, Collezione Investimenti d’Arte s.r.l.


In ambito genovese, invece, è evidente l’iniziale consenso verso la corrente pittorica di stampo fiammingo, incline ad un’indagine analitica dei termini compositivi. Ma dagl’inizi del Seicento gli artisti cedono alle suggestioni barocche, avviate dallo Strozzi e culminate nelle tumultuose visioni del Baciccio; un percorso che aprirà la strada alla decorazione dei palazzi nobiliari. Qui sono stati considerati soprattutto Giovan Battista Castiglione, detto “il Grechetto”, Giovanni Andrea e Giovan Battista Carlone, Anton Maria Vassallo, Sinibaldo Scorza, Giovan Battista Casoni, Valerio Castello, Bartolomeo Guidobono, Domenico Piola, Gregorio De Ferrari, Alessandro Magnasco, Domenico Parodi, Paolo Gerolamo Piola e Carlo Giuseppe Ratti.

La situazione napoletana è rappresentata da opere di Luca Giordano, Giacomo Farelli, Paolo De Matteis, Francesco Solimena, Giovan Battista Lam, Filippo Napoletano, Hendrick van Somer, Andrea De Lione, Salvator Rosa, Pietro Novelli, Mattia Preti, Francesco De Mura, Corrado Giaquinto. Questo ambito pittorico, per quanto variegato, risulta caratterizzato da apporti veneti, inizialmente vincolati alla matrice tenebristica di stampo pretiano, e in seguito inglobati dalle soluzioni barocche giordanesche che saranno esemplari per quanti attueranno la svolta dal tardobarocco al rococò. 

Complessivamente la mostra vede esposte 79 tele di medie e grandi dimensioni, provenienti da prestigiose collezioni europee quali il Louvre, l’Hermitage, lo Szépmüvészeti di Budapest, gli Uffizi, la Pinacoteca di Brera a Milano, la Galleria di Palazzo Barberini a Roma, le Gallerie dell’Accademia di Venezia, per citarne solo alcune.

Il catalogo, curato da Mario Alberto Pavone, è pubblicato da Electa.

Per informazioni: Florence Reimann, 010.5574012 - 5574047
E-mail: ufficiostampa@palazzoducale.genova.it


Giordano Berti


 


 

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